Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, Dresda, 1768 (Il mondo alla roverscia)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile spazioso, ornato di spoglie virili. Termina il cortile con archi maestosi, oltre i quali vedesi una gran piazza, da dove entrano nel cortile sovra carro trionfale, tirato da vari uomini:
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, precedute da coro di donne, le quali portano seco loro delle vittoriose insegne. Mentre si canta il coro, gli uomini s’incatenano
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULLIA
5Ite all’opre servili
 e partite fra voi le cure e i pesi.
 Altri alla rocca intesi,
 altri all’ago, altri all’orto o alla cucina,
 dove il nostro commando or vi destina.
 AURORA
10Obbedite, servite e poi sperate,
 ch’il regno delle donne
 è di speranza pieno.
 Se goder non si può, si spera almeno.
 CINTIA
 E chi vive sperando
15per sua felicità muore cantando.
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono gli uomini incatenati, condotti dalle donne; le tre sudette scendono dal carro, il quale si fa retrocedere per la parte dond’è venuto)
 
 SCENA II
 
 TULLIA, CINTIA e AURORA
 
 TULLIA
20Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l’abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
25fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo e orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand’è pietoso.
30Col rigor, col disprezzo,
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati,
 tutto soglion soffrire; e quanto siamo
35più sprezzanti noi e più crudeli,
 essi son più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore.
 Il consiglio migliore
 credo sia il lusingarli,
40finger ognor d’amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi gioco.
 TULLIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien, poiché il disprezzo
45eccita la pietà soverchio usata.
 La fierezza è temuta e non amata.
 Regoli la prudenza il nostro impero.
 Or clemente, or severo
 il nostro cor si mostri
50ed il sesso virile a noi si prostri.
 CINTIA
 Ognun pensi a suo senno; io vuo’ costoro
 aspramente trattar, voglio vederli
 piangere, sospirare,
 fremere, delirare
55e vuo’ che, doppo un lungo
 crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TULLIA ed AURORA
 
 TULLIA
 Aurora, ah non vorrei
 che per troppo voler s’avesse a perdere
60l’acquistato finor dominio nostro.
 Donne alfin siamo e a noi
 forza non diè natura
 che nei vezzi, nei sguardi e in le parole.
 Spade e lancie trattar, loriche e scudi
65non è cosa da noi. Se l’uom si scuote,
 val più un braccio di lui che dieci destre
 di femmine vezzose e tenerelle
 ch’hanno il loro potere in esser belle.
 AURORA
 Tullia, voi, per dir vero,
70sagiamente parlate e a voi la sorte
 diè sesso femminile
 ma il senno ed il saper più che virile.
 Anzi madre natura
 alla breve statura
75del vostro corpo graziosetto e bello
 ha supplito con darvi assai cervello.
 Indi la madre vostra
 vi diè il nome di Tullia  con ragione,
 poiché sembrate un Tullio Cicerone.
 TULLIA
80Raguniamo il consiglio.
 Facciam che stabilite
 siano leggi migliori, onde si renda
 impossibile all’uom scuotere il giogo.
 Che se l’uomo ritorna ad esser fiero
85farà strage crudel del nostro impero.
 
    Fiero leon, che audace
 scorse per l’ampia arena,
 soffre la sua catena
 e minacciar non sa. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
90Che piacer, che diletto
 puol recar alla donna il fier rigore!
 Il trattar con amore
 gl’uomini a noi soggetti
 soffrir li fa la servitude in pace
95e la femmina gode e si compiace.
 Io, fra quanti son presi ai lacci nostri,
 amo il mio Graziosino,
 amoroso, fedele e semplicino,
 e lo tratto, perché mi adori e apprezzi,
100con soavi parole e dolci vezzi.
 Elà. (Esce un servo) Venga qui tosto
 Graziosino, lo schiavo a me soggetto. (Parte il servo)
 Infatti il poveretto
 merita ch’io gli faccia buona ciera,
105se mi serve e mi fa da cameriera.
 Eccolo ch’egli viene. Ehi Graziosino.
 GRAZIOSINO
 Signora. (Viene facendo le calze)
 AURORA
                    Cosa fate?
 GRAZIOSINO
 Lavoro in fretta in fretta
 e in tre mesi ho fatt’io mezza calzetta.
 AURORA
110Lasciate il lavorar. Venite qui.
 GRAZIOSINO
 Bene, signora sì.
 AURORA
 Obbedirete sempre i cenni miei?
 GRAZIOSINO
 Io faccio quello che comanda lei.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino,
115siete tanto bellino.
 GRAZIOSINO
 Mi fate vergognar.
 AURORA
                                     Vi voglio bene
 e vederete del mio amore il frutto.
 GRAZIOSINO
 Queste parole mi consolan tutto.
 AURORA
 Baciatemi la mano.
 GRAZIOSINO
                                      Gnora sì.
 AURORA
120Perché voi mi piacete,
 vi fo queste finezze.
 GRAZIOSINO
 Oh benedette sian le mie bellezze.
 AURORA
 Ma vuo’ che siate attento
 a servirmi, qualora vi commando.
125La mattina per tempo
 mi recherete il cioccolate al letto;
 mi scalderete i panni;
 mi dovrete allestir la tavoletta;
 starete in anticamera aspettando
130per entrar il commando;
 e se verranno visite a trovarmi
 voi dovrete avisarmi
 e come fanno i buoni servitori
 voi dovrete aspettar e star di fuori.
 GRAZIOSINO
135Di fuori?
 AURORA
                    Vi s’intende.
 GRAZIOSINO
 E dentro?
 AURORA
                      Signor no,
 aspettar voi dovrete.
 GRAZIOSINO
                                        Aspetterò.
 AURORA
 Se farete così, vi vorrò bene.
 GRAZIOSINO
 Sì cara, farò tutto.
140Farò la cameriera;
 farò la cuciniera;
 farò tutte le cose più triviali;
 laverò le scudelle ed i bocali.
 AURORA
 In cose tanto abbiette
145impiegarvi non vuo’. Voi siete alfine
 il mio caro, il mio bello,
 il mio amor tenerello,
 il mio fedele amato Graziosino,
 tanto caro al mio cor, tanto bellino.
 
150   Quegl’occhietti sì furbetti
 m’hanno fatta innamorar;
 quel bocchino piccinino
 mi fa sempre sospirar.
 
    Caro il mio bene,
155dolce mia spene,
 sempre, sempre
 ti voglio amar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Oh che gusto, oh che gusto! Ah che mi sento
 andar per il contento il cor in brodo.
160Graziosin fortunato! Oh quanto io godo!
 Non si può dar nel mondo
 piacer che sia maggiore
 d’un corrisposto amore. Aman le belve,
 amano i sordi pesci, aman gli augelli,
165le pecore e gli agnelli;
 amano i cani e i gatti
 e quei che amar non san son tutti matti.
 
    Quando gli augelli cantano,
 amor li fa cantar;
170e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar.
 
    La pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubilar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
175   Madre natura,
 tu m’hai tradito
 ma t’ho schernito
 col farmi bello
 con il pennello,
180come le donne
 soglion far.
 
 Questa parucca invero,
 questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
185Al ragirar di queste
 mie vezzose pupille
 spargo fiamme e faville; e questa bocca,
 che sembra agli occhi miei graziosa e bella,
 fa tutte innamorar, quando favella.
190Queste donne son tutte
 invaghite di me; schiavo son io
 di queste belle, è vero,
 ma sovra il loro cor tutt’ho l’impero.
 Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
195il nastro, la parucca, i guanti, tutto,
 tutto assettar conviene e gli occhi e il labbro,
 colle dolci parole e i dolci sguardi,
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
 (Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
200Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
205vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch’io possa
210coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
215i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
 Voi stacarvi da me! Voi d’altra donna
220servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante,
 voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
 Giove, Pluton, Nettuno,
225dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d’una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
 Sì sì, Nettun m’inspira,
230Giove mi dà valore,
 Pluto mi dà furore;
 perfida tirannia,
 umilmente m’inchino e vado via.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
235tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
240se voi mi dileggiate,
 come s’io fossi un uom zottico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello.
245Quell’occhio bricconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate?
 CINTIA
                                                 Sì v’adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
250lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
 e umilissimamente
255io vi possa bacciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
260Io morirò.
 CINTIA
                      Non me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl’io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m’incatena!
265Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate,
 basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    In quel volto siede un nume
 che fa stragge del mio cor.
270In quegl’occhi veggo un lume
 che mi fa sperare amor.
 E fra tanto vivo in pianto
 ed un uomo sì ben fatto
 contrafatto morirà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULLIA
 
 CINTIA
275Oh quanto mi fan ridere
 con questo sospirar, con questo piangere.
 Gli uomini non s’avveggono
 che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
280e gli amanti per gioco allor tormentano.
 TULLIA
 Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira,
 egli smania e delira.
 Ah, se così farete,
285l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
 Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi.
 Gl’uomini sono avezzi
 per la soverchia nostra
290facilità del sesso
 a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Se gl’uomini sospirano,
 che cosa importa a me?
 Che pianghino, che crepino
295ma vuo’ che stiano lì.
 Anch’essi, se potessero,
 con noi farian così. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA, poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei.
300Son con gli amanti miei
 quanto basta severa e orgogliosa
 ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa.
 Talor fingo il rigore.
 Talor fingo l’amore.
305Freno di lor l’affetto e la baldanza,
 fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
 Tullia, bell’idol mio,
 de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
310la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
 Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
315suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
 della smarrita libertà primiera?
 Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
320al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
325Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana
 di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULLIA
 Noi con pietà trattiamo
330i vassalli ed i servi e non crudeli
 siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo;
 noi dai consigli escluse,
 prive d’autorità, come se nate
 non compagne dell’uom ma serve, schiave,
335solo ad opre servili
 condannate dal vostro ingrato sesso,
 far per noi si dovria con voi lo stesso.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
340ed il vostro servir, che non fia grave,
 sarà grato per noi, per voi soave.
 
    Cari lacci, amate pene
 d’un fedele amante core
 che han saputo al dio d’amore
345consacrar la libertà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
 che dura ed aspra sia
 d’amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubioso e incerto
350fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
 s’abbandona al piacer, gode e non sente
 i rimorsi del cor... Ma oh dio! Purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
355abbandono di me fatto al diletto
 e mi sgrida l’onore a mio dispetto.
 Ah! Che farò? Si studi,
 se possibile sia, scacciar dal cuore
 il residuo fatal del mio rossore.
 
360   Gioie care, un cor dubbioso
 inondate di piacer
 e trionfi un bel goder,
 dileguando il rio timor. (Parte)
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentile!
 AURORA
                                            Vago Ateone!
 GIACINTO
365Piacemi il paragone,
 poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, che Ateone è diventato un cervo!
 AURORA
 Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto
370qual fu il pastor dolente.
 AURORA
 Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
 Giacinto, in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
375Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
 (Con Aurora Giacinto?) (Da sé)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.
 GIACINTO
 Più di lei mi piacete.
 Parmi che il vostro bello
380mi renda assai più snello.
 Miratemi nel volto, a poco a poco
 come per vostro amor son tutto foco.
 CINTIA
 Acqua, acqua, padrone, acqua vi vuole
 il foco ad ammorzar.
 GIACINTO
                                        Oh Cintia mia,
385ardo d’amor per voi.
 CINTIA
 Ingannarmi non puoi,
 ho le parole tue tutte ascoltate.
 GIACINTO
 Deh mia vita...
 CINTIA
                              Eh saranno bastonate.
 GIACINTO
 Bastonate a un par mio? Deh Aurora, a voi
390l’onor mio raccomando.
 AURORA
 Siete schiavo di Cintia, io non commando.
 CINTIA
 E voi, gentil signora,
 vi dilettate di rapire altrui
 il vassallo e l’amante?
 AURORA
395Faccio quello ancor io che fanno tante.
 CINTIA
 Ma con me nol farete.
 AURORA
                                          Allor che sappia
 di darvi gelosia,
 voi dovrete tremar dell’arte mia.
 CINTIA
 Distrutto in questa guisa
400nostro impero sarà.
 AURORA
                                       Poco m’importa;
 pria che ceder al vostro
 fasto superbo e altero,
 vada tutto sossopra il nostro impero.
 CINTIA
 Giacinto, andiam.
 GIACINTO
                                    Vengo.
 AURORA
                                                   Crudel, voi dunque
405mi lasciate così?
 GIACINTO
                                 Ma se conviene...
 CINTIA
 Si viene o non si viene?
 GIACINTO
                                              Eccomi lesto.
 AURORA
 Morirò, se partite.
 GIACINTO
                                    Eccomi, io resto.
 CINTIA
 
    Venite o ch’io vi faccio
 provare il mio furor.
 
 AURORA
 
410   Ingrato, crudelaccio,
 voi mi strappate il cor.
 
 GIACINTO
 
    (Mi trovo nell’impaccio
 fra amor e fra timor).
 
 CINTIA
 
    Voi siete il servo mio.
 
 GIACINTO
 
415È vero, sì signora.
 
 AURORA
 
 Amante vi son io.
 
 GIACINTO
 
 Anco il mio cor v’adora.
 
 CINTIA
 
 Voglio esser ubbidita.
 
 GIACINTO
 
 Ed io v’ubbidirò.
 
 AURORA
 
420Non merto esser tradita.
 
 GIACINTO
 
 Io non vi tradirò.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    E ben, che risolvete?
 
 GIACINTO
 
 Mie belle, se volete,
 io mi dividerò.
425Contente voi sarete,
 non dubitate, no.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Di qua non vi partite,
 adesso tornerò.
 
 GIACINTO
 
    Contente voi sarete,
430non dubitate, no. (Partono le due donne)
 
    Quest’è un imbroglio;
 no più non voglio
 farmi sì bello.
 Perde il cervello
435chi mi rimira.
 Ognun sospira
 per mia beltà.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Ecco ritorno,
 eccomi qua.
 
 GIACINTO
 
440   Belle mie stelle,
 chiedo pietà.
 
 AURORA
 
    Questo è il mio core
 per voi piagato. (Un core gli presenta)
 
 CINTIA
 
 Questo è un bastone
445per voi serbato. (Gli mostra un bastone)
 
 GIACINTO
 
 Son imbrogliato.
 
 AURORA
 
 Se lo bramate,
 ve lo darò.
 
 CINTIA
 
 Di bastonate
450v’accopperò.
 
 GIACINTO
 
    (L’una: «Ti dono»,
 l’altra: «Bastono»;
 quella il furore,
 questa l’amore;
455cosa farò?)
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
 Via risolvete.
 
 GIACINTO
 
 Risolverò.
 
    La vostra tirannia
 piacere non mi dà. (A Cintia)
460La vostra cortesia
 contento più mi fa.
 
 AURORA
 
    Venite dunque meco.
 
 GIACINTO
 
 Con voi mi porterò.
 
 CINTIA
 
    Briccon, se parti seco,
465io ti bastonerò.
 
 GIACINTO
 
    Da voi le bastonate,
 da lei gli amplessi avrò.
 
 CINTIA
 
    Indegno, scelerato,
 io mi vendicherò.
 
 GIACINTO
 
470   (Gridate, strepitate).
 
 AURORA
 
 (Intanto goderò).
 
 Fine dell’atto primo